Finalmente ci conosciamo

Capitolo 29 – Finalmente ci conosciamo

Camillo parlava con voce spaventata e stringeva il coltello tra le mani. Betta chiese che cosa stesse succedendo ma Pamela la tirò per la mano e si andarono a piazzare dietro Camillo. Pamela guardò oltre la spalla dell’amico e scorse una figura maschile lungo il corridoio della scuola. Li fissava con le mani poggiate sui fianchi.
«E voi da dove uscite? Ma non avete sentito parlare di Dabby Dan? Lo sapete che voi ragazzi per primi dovreste starvene nascosti?»
«E tu perché non sei nascosto?» chiese Camillo con aria di sfida.
«Sono un reporter, io vivo di queste storie. Se riesco a farci un bel servizio mi faccio un sacco di soldi e un po’ di notorietà in più! Mi chiamo Gustavo Pralli!» risposti.
Fu il nostro primo incontro.
«E perché ti nascondi in questa scuola? I reporter non dovrebbero stare in strada a chiedere interviste?»
«Dico… ma li hai visti quelli? I soldati? Pensi che mi rilascerebbero un’intervista? Da due giorni stanno arrestando tutti coloro che incontrano per strada, senza motivo, solo perché hanno continuato a stare per strada, venendo meno ai loro ordini!».
«Lo sappiamo, hanno arrestato pure un nostro amico!»
Alla fine i ragazzi presero coraggio e si avvicinarono. Camillo continuò a stringere il coltello nella mano che teneva nascosta dietro la schiena. Erano diffidenti, giustamente, poi notai la macchina fotografica.
«Quella è una Konin Rflex, una Konin SGF3, con obiettivo 400mm!» dissi.
«SGF4! Sì un 400 mm!»
«Hey, quella macchinetta costa più di mille euro, più l’obbiettivo è una super-costosissima apparecchiatura, che ci fa nelle tue mani?».
«Me l’ha regalata il mio vecchio per il mio ultimo compleanno!» disse Camillo con la diffidenza che incominciava a scemare.
«Venite, ne ho una anche io, non così costosa ma è lo stesso bella!».
Si guardarono tutti e tre negli occhi, poi mi seguirono a debita distanza.
Li condussi in una delle classi da cui si accedeva in un’altra stanza che sembrava un ripostiglio. Invece era una stanza attigua, semi vuota, nella quale mi ero accampato perché da lì potevo osservare tutto senza farmi notare. Ero in possesso di attrezzatura professionale, tre piedi, macchina fotografica e anche io avevo uno zoom di 400mm. Microfono e registratore, videocamera, quaderni su cui scrivevo i miei appunti e glieli mostrai per fargli comprendere che ero davvero un giornalista. Si sedettero e per un po’ ci fissammo senza palare. Poi chiesi loro che cosa facessero per strada da soli, con in giro Dabby Dan. Pian piano incominciarono a sciogliersi ed iniziarono a raccontarmi la loro storia. Ne fui entusiasta era una storia meravigliosa, e mentre parlavano incominciai a registrare e a scrivere appunti. Pamela fu più reticente, ma Camillo e Betta erano due fiumi in piena, il primo contro il padre e le istituzioni, e l’altra contro l’orfanotrofio, in special modo questa suor Cetaceo.
Non feci altro che registrare e annotare tutto su un blocchetto. Segnai solo i loro nomi, erano minorenni e non potevo pubblicarli.
«Vuoi fare un articolo su di noi?» mi chiese Camillo preoccupato.
«Non volete? Potrebbe esservi di aiuto, innanzitutto una volta che avranno arrestato Dabby Dan, e tutto tornerà alla normalità non spediranno Betta e Pamela di nuovo in quell’orfanotrofio. E poi diremo che hanno arrestato l’unica persona che si è occupata di voi!».
Le ragazze si mostrarono contente, Camillo un po’ meno.
«Sì… ma la storia di mio padre… non mi va che legga le cose che ho detto di lui!».
Gli diedi una pacca sulla spalla.
«Sta’ tranquillo… non sono un giornalista di gossip che estorce interviste e poi pubblica quello che ha promesso di non pubblicare!».
Camillo si tranquillizzò.
«Davvero volete liberare il vostro amico? Siete sicuri che lo abbiano arrestato?» chiesi.
«L’abbiamo visto che lo stavano portando via insieme ad altri prigionieri! In realtà sappiamo anche perché lo hanno arrestato!» disse Camillo sentendosi in colpa. «Lui è il custode del Luna Park. Abbiamo scoperto che i soldati si stanno appropriando delle vettovaglie da consegnare ai cittadini, così, con il custode, abbiamo svaligiato il deposito dei soldati e con il treno del Luna Park abbiamo consegnato le provviste ai cittadini!».
«Ma… siete stati voi? Oh mio Dio, ma voi meritate una medaglia, pensate che i soldati hanno sparso la voce che non li avevano ancora consegnati perché li avevano rubati, e che poi sono stati loro a consegnare le provviste!»
«Che bugiardi!» esclamò Pamela.
«Intanto di Dabby Dan non c’è nessuna traccia e quel pazzo è ancora libero e se ne va in giro in cerca di prede! Hey ragazzi ho avuto un’idea, perché non uniamo le forze e lavoriamo insieme?» proposi ad un tratto.
«Vuoi aiutarci a liberare il custode?» mi chiese Camillo.
«Se mi fate scrivere un bellissimo articolo io vi aiuterò!» dissi ammiccando.
Ormai era tardi e decidemmo di trascorrere la notte nella scuola. Ci riunimmo nella mia stanza perché era la migliore postazione per osservare i movimenti dei soldati. Portammo lì tutti i cuscini che avevamo trovato. Avevamo poca roba da mangiare, ma Betta al ritorno da una perlustrazione della scuola disse che c’era una dispensa nella sala mensa. Decisi di accompagnarla. Tornammo con scatolette di tonno, fagioli precotti e qualche bottiglia di acqua. Non era il massimo ma almeno potevano mangiare. Feci vedere loro il luogo dove tenevano prigionieri tutti quelli che avevano arrestato. Era un edificio rosa che probabilmente doveva essere la sede dell’amministrazione comunale. Tutt’intorno soldati con una stella rossa pattugliavano armati. Io e Camillo guardavamo attraverso i nostri zoom.
In una finestra Camillo vide il custode, era in piedi.
«Eccolo, quello è il nostro amico!» esclamò Camillo preoccupato, poi urlò.
«Ma c’è Dabby Dan che parla con lui!»
Guardai nell’obbiettivo e restai sconcertato.
«Quindi il custode è quello che parla con Dabby Dan?» chiesi.
L’uomo nero se ne stava in piedi di fronte al custode.
«Ma perché parlano tra di loro!» chiesi senza capire.
«Perché quel mostro ha…!» Pamela si interruppe perché c’era Betta.
«Ha ucciso il figlio del custode!» continuò Camillo.
Mi lasciai cadere all’indietro sgomento.
«A questo punto credo che i soldati non sappiano di aver arrestato Dabby Dan. Sono in pochi a conoscere la sua faccia. Io la conosco perché tempo fa ho avuto modo di vedere, per pochi secondi, un fascicolo della procura che poi è andato perso!».
«Ma si sono dimezzati, per strada non ci sono più tanti soldati!» disse Camillo.
«Ti sbagli, non sono diminuiti, è che stanno perlustrando anche le abitazioni adesso! Ed è mia opinione che stiano fermando tutti quelli che hanno una faccia strana!».
«Speriamo che arrestino suor Cetaceo!» disse Betta.
La guardai sorridendole, e anche Camillo le sorrise e poi le accarezzò la testa. Pamela fu felice che Camillo si fosse affezionato a Betta.
«Gustavo, dobbiamo liberare il custode, prima che Dabby Dan gli faccia del male!» disse Camillo.
«Scusate, non possiamo andare dai soldati e dire che tra i prigionieri c’è Dabby Dan? Loro lo arresterebbero e libererebbero gli altri!» propose Pamela.
«Ok… agiremo stanotte! Le misure di sicurezza non sono così strette, stanno pattugliando in maniera superficiale perché pensano che si tratti di gente comune. Non sanno di avere Dabby Dan tra i loro fermati!».
«Ragazzi, se come mi diete il custode è stato arrestato perché ha rubato le provviste e le ha consegnate alla gente, non lo libereranno mai!» dissi triste.
«E allora che facciamo?» chiese Pamela.
«Agiremo stanotte e lo libereremo, poi denunciamo Dabby Dan!» rispose Camillo.
Nella scuola ho visto un amplificatore ed un lettore Mp3… avrei in mente un piano che potrebbe liberare il vostro amico!».
Spiegai loro il mio piano, e i ragazzi ne furono entusiasti. Pamela aveva un po’ paura, dovuta al fatto che per circa quindici minuti lei e Betta sarebbero dovute restare da sole. Ma Camillo la tranquillizzò dicendo che se il piano avesse funzionato sarebbero bastati anche meno. I ragazzi andarono a riposare, li avrei svegliati all’orario prestabilito. Io restai sveglio, ne approfittai per abbozzare la prima parte dell’articolo. Parlava di tre ragazzini disposti a tutto, a sfidare anche il mostro, Dabby Dan, pur di liberare il loro amico, l’unico che si era preso cura di loro, il custode del Luna Park. Mentre tutti li avevano scacciati, abbandonati nella notte, al buio, per le strade, senza un riparo, alla mercé del mostro, lui era restato accanto a loro. Sì, ne ero sicuro, grazie a questo articolo avrei fatto il grande salto, sarei diventato finalmente un giornalista professionista, con contratto, scrivania, e la maggior parte delle reti televisive avrebbero fatto a gara per avermi.

 

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