Libro per ragazzi, gratis

Il primo libro di Educabimbi

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La Banda di Casapunessa ed il cane Grigio

La Banda di Casapunessa e il cane Grigio

La Banda di Casapunessa e il cane Grigio

 

 

I capitolo

Se fosse accaduto durante l’anno scolastico sarebbe stata una cosa normale vedere Otto bussare alla porta di Max alle 07.30 del mattino, ma mancava poco alla fine di giugno e da una settimana erano cominciate le vacanze estive. La mamma di Max si affacciò dalla finestra ancora in pigiama.

«Otto!!! Ma sai che ore sono? Max sta ancora dormendo»
«Sì lo so signora, ma è una cosa troppo importante!» rispose Otto trafelato.

Max ci mise poco ad alzarsi e in meno di mezz’ora, ancora assonnato, era già in strada mentre la madre gli urlava dietro che doveva ritirarsi per l’ora di pranzo.

«Ma sei sicuro che è proprio lui?»
«Ti dico di sì, non mi posso sbagliare, è proprio il cane che abbiamo visto la settimana scorsa!» rispose Otto.

Dopo un po’ si ritrovarono sul grande piazzale della chiesa di S. Elvira, patrona di Casapunessa. Gli occhi di Max si illuminarono come il faro di un porto: accanto al bidone della spazzatura c’era un cane di razza bastarda, aveva il pelo riccio di colore grigio con macchie nere. Era piccolo di stazza, ma aveva sicuramente più di tre anni. Il muso era leggermente schiacciato; non somigliava né ad uno Yorkshire né ad un pechinese. Le orecchie pendevano dondolanti e la coda era paffutella. Non aveva il collare, ma non era nemmeno molto sporco per essere un randagio.

«Hai visto? Che ti dicevo?» disse Otto un po’ risentito per il fatto che l’amico non gli avesse creduto.
Max cercò di avvicinarsi, tenendosi comunque a debita distanza, per non farlo scappare.
«Hey… vieni qui bello!» disse con voce calma battendosi la mano sulla gamba.

E quel birbante di un cane non se lo fece ripetere e si avvicinò scodinzolando. Max e Otto cominciarono ad accarezzarlo lasciandosi leccare le mani.

«Guarda come è socievole… che ti dicevo che era un cane stupendo?» disse Max.

Fecero in modo che il cane li seguisse fino al loro rifugio segreto, una casetta di legno di tre metri quadrati costruita su un albero. Una volta lì Otto sacrificò la sua merenda, un panino al prosciutto, ma il cane mangiò solo il prosciutto e lasciò il pane.

Erano circa le 11.00 quando arrivarono Gianna e Rollo. Quando videro il cane, la loro felicità arrivò fino a Marte e forse più su, fino a Nettuno.

«E come si chiama?» chiese Rollo.
«Non lo sappiamo, glielo abbiamo chiesto più volte ma è un maleducato, non ci risponde!» rispose Otto ironico.
«Come no? A me ha risposto; mi ha detto che si chiama: uàu, uàu!» disse Max.
«Ah ah, come siete spiritosi» si difese Rollo, «Ma allora mettiamogli un nome!».

Ma mentre Otto, Max e Rollo stavano pensando al nome, Gianna era stesa per terra supina, con il cane che le saltellava sulla pancia.

«No, no Grigio mi fai il solletico, hi hi hi, dai Grigio!».

Il dilemma fu risolto immediatamente: Grigio, il nome piacque a tutti, così come tutti si innamorarono immediatamente di lui. Max era il più entusiasta, aveva sempre desiderato un cane, ma i genitori non erano d’accordo, soprattutto la mamma che non voleva trascorrere il suo tempo dietro un cane e pulire i suoi bisogni.

«Ragazzi il cane è randagio e senza collare, quindi possiamo adottarlo!».
«Dici sul serio Max?» chiese Gianna con gli occhi che sprizzavano felicità.
«E dove lo teniamo?» chiese Rollo.
«Già… questo è il vero problema, di certo non a casa mia, mamma mi ucciderebbe!» rispose Max.
«Perché non lo teniamo qua?» propose Otto, «È il nostro rifugio e nessuno ci viene mai!».
Le due ragazzine erano raggianti.
«Sì, sì, dai Max, lo accudiamo noi!» urlò Gianna.
«Per me va bene ma dobbiamo vedere cosa ne pensa Benny, questa campagna è di suo padre!»

Naturalmente era una domanda superflua perché quando arrivò Benny non ebbe dubbi sull’ospitare Grigio sulla sua terra.La Bandadi Casapunessa era al completo, ed ora aveva anche la sua mascotte: Grigio.

Dovettero organizzarsi e dividersi i compiti: lavarlo, dargli da mangiare e bere, insegnargli a fare i bisogni. Ma erano così euforici che tutte le incombenze sembravano facili come giocare a nascondino e fecero a gara a chi avesse più incarichi da svolgere. Gianna e Otto si presero il compito di lavarlo. Gianna aveva un piccolo giardino e chiese alla mamma il permesso di utilizzarlo per lavare il cane. Non disse che Grigio era un cane che avevano adottato, ma che apparteneva ad una signora che gli aveva lasciato una mancia per lavarlo. Piazzarono un grande catino su quattro mattoni e lo riempirono di acqua. I quattro mattoni li aveva messi il papà di Gianna. Ma un giorno prese un’amara decisione: “A Casapunessa il lavoro scarseggiava e sono costretto ad emigrare a Bologna!” le disse prima di partire.

La mamma voleva togliere quei mattoni dal giardino, ma Gianna fece la pazza, disse che il papà non avrebbe lavorato per sempre a Bologna e quando sarebbe ritornato avrebbe finito il forno.

La donna aiutò i ragazzi mettendo a scaldare un po’ d’acqua perché quella della fontana del giardino era molto fredda. Misero una buona dose di sapone, tanto da formare una enorme nuvola di schiuma.

«Sembra panna!» osservò Otto.
«No è zucchero filato!» ribatté Gianna.
«Ti ho detto panna!».
«Ma perché insisti? Non lo vedi che è zucchero filato?».
«E mangiala allora! Dai fammi vedere come la mangi?».
Gianna prese un po’ di schiuma sulla mano e l’assaggiò, ma la sputò subito.
«Hai ragione non è panna! Ma non è nemmeno una zucchero filato!».
«E allora che cos’è?».
«Ha un sapore strano, come se fosse… sì sa di… ha un sapore orribile… come se fosse… ah sì ecco: è schiuma!» disse Gianna scoppiando a ridere.

Ma ora veniva il difficile: prendere Grigio e posizionarlo nel grande catino per lavarlo. I cani, soprattutto quelli randagi, non amano fare il bagno, ma quando Otto si avvicinò, Grigio spiccò un salto nella grande bacinella facendo spruzzare acqua e schiuma in ogni direzione. I due ragazzi fecero un bella doccia sotto lo sguardo della mamma della ragazza che, affacciata alla finestra, rideva a crepapelle. Gianna aveva i capelli ricoperti di schiuma bianca, sembrava una vecchia nonnina dai ricci capelli bianchi.

«Ma forse hai ragione…» disse Otto, «… è proprio panna: testa di panna, testa di panna!» canticchiava divertito.

Gianna prese un secchiello e lo riempì di acqua e incominciò a rincorrerlo. Otto tentò la fuga ma era un po’ in sovrappeso e in breve fu raggiunto, ma nella foga Gianna bagnò più se stessa che l’amico. Grigio che fino a quel momento se ne era stato nella vasca a guardare, spiccò un altro salto e si mise a correr dietro ai due ragazzi schizzando acqua da ogni parte. Otto cercò di afferrarlo, ma era bagnato e insaponato e gli sfuggì più volte. Allora Gianna gli si piazzò davanti, ma il cane le passò tra le gambe e la poverina si ritrovò a gambe all’aria con il sedere per terra.  Otto che stava inseguendo il cane non fece in tempo ad arrestarsi: inciampò sulle gambe dell’amica e rovinò per terra. Si ritrovarono entrambi seduti per terra con le braccia incrociate, e mentre si guardavano in faccia per decidere sul da farsi, quella piccola peste di Grigio rientrò di nuovo nel catino e scodinzolando attendeva di essere lavato. Sembrava guardasse i ragazzi come per dire: “Hey io sono qui che aspetto voi, volete darvi una mossa?”.

 

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Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11

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