Legge anti bullismo | La prima legge anti bullismo

Legge anti bullismo
La prima legge anti bullismo

Legge anti bullismo

Legge anti bullismo

 

La prima legge anti bullismo viene emanata dalla Regione Lazio. Di cosa si tratta? È un’idea copernicana o il solito specchietto per le allodole?

Riprendiamo la notizia così come riportata dal Corriere.it e analizziamola nei dettagli la proposta.

 

 

 

Notizia presa da Corriere.it

 

Un primo passo, unico in Italia, per contrastare un fenomeno che ormai da anni affligge soprattutto la scuola […] Sembrerebbe qualcosa di copernicano, ma innanzitutto chiariamo subito che non si tratta di una legge, almeno non quelle con norme per chi delinque ma di un finanziamento a progetti volti a prevenire il bullismo. Nell’articolo purtroppo vengono menzionati i firmatari, ma non si comprende chi sia stato il promotore, chi abbia avuto l’idea. Insomma manca la cosa più importante: chi sono stati gli esperti di bullismo interpellati?

100 mila euro di fondi per il finanziamento di progetti per la diffusione della cultura della legalità, «nel rispetto della dignità dell’individuo nella sua diversità e alla tutela dell’integrità psicofisica dei bambini e degli adolescenti, in particolare in ambiente scolastico». Quali sono le armi per la prevenzione? I cineforum? I questionari? L’informazione è il primo passo per la prevenzione del bullismo. Cioè informare gli alunni della scuola che cosa è il bullismo, quali sono le conseguenze che subiranno coloro che lo perpetrano. Ma per fare questo c’è bisogno di 100.000 €? Servono Scuole, Associazioni, Asl e Comuni che si prenderanno fior di euro per dire ai ragazzi che cosa è il bullismo?

Ai fondi – per ora 100 mila euro – sono ammessi progetti per la realizzazione di campagne di sensibilizzazione e informazione sul bullismo, per la promozione di iniziative culturali, sociali e sportive – anche sull’uso di internet a scuola – Ma qual è il modo di fare sensibilizzazione? Che cosa vuol dire sensibilizzazione? Davvero si pensa che si va in una scuola, si fa sensibilizzazione ed il bullo diventa buono? Nel 95% dei casi il bullo non se ne frega della sensibilizzazione e continua imperterrito a prevaricare la vittima mentre le associazioni propongono il cineforum.

Organizzare corsi di formazione del personale scolastico per prevenire episodi di violenza psichica e fisica sui minori.   Questa è l’unica cosa seria della legge: la formazione degli insegnanti. Ma ancora una volta la domanda nasce spontanea: chi formerà gli insegnanti? Chi fornirà loro gli strumenti giusti per contrastare il bullismo? Verranno chiamati autori che conoscono il bullismo? O ci sarà il solito psicoanalista della solita associazione che sulla base degli studi freudiani fornirà agli insegnanti l’idea che il bullo non va punito ma compreso e che alla base della sua aggressività ci sono bassa autostima problemi familiari, lasciando la vittima in balia di se stessa o le verrà consigliato di fare un percorso psicoterapico per migliorare il rapporto con gli altri?

Per attivare programmi di sostegno delle vittime di atti di bullismo. Appunto. La vittima non ha bisogno che le venga perquisito il cervello. La vittima ha bisogno che il bullo la lasci in pace, punto e basta.

I progetti possono essere presentati dai comuni, dalle scuole e anche dalle aziende del Servizio sanitario regionale, oltre che da associazioni che almeno da 5 anni si occupano di disagio sociale e dei minori. La domanda nasce ancora spontanea: ma che progetti possono presentare i suddetti enti? Se tra loro c’è qualcuno che ha già affrontato il bullismo con dei risultati ben venga, ma nella stragrande maggioranza dei casi si presenteranno con dei bellissimi progetti sulla carta, ma senza aver mai affrontato il bullismo prima, né sul piano teorico, né su quello pratico.

Bisogna sottolineare l’attenzione che la giunta Zingaretti, per prima in Italia, ha posto sul bullismo» e «la differenza fondamentale dai progetti annunciati dal ministro dell’Interno Alfano e dal prefetto Pecoraro sta nel fatto che in quelli si punta di più su controllo e repressione del fenomeno, mentre il nostro sulla prevenzione: è mirato all’aspetto sociale e culturale per costruire la consapevolezza di quanto sia sbagliato vessare e perseguitare un compagno di scuola. Con lo sport, incontri o qualsiasi altro mezzo».  In Italia c’è questa malsana convinzione che basta parlare con chi delinque per salvarlo. Il bullo non è frutto della mancanza di sensibilizzazione, il bullo è frutto di anni vissuti in un ambiente familiare e in una società che gli hanno insegnato ad ottenere tutto senza faticare. Gli ha trasmesso l’idea che nella vita bisogna prendersi quello che si vuole, anche con la forza, tanto poi non succede niente. Una famiglia e una società che non gli ha insegnato a rispettare il prossimo, ma anzi, sente dire che il prossimo è diverso, è omosessuale, è disabile, extracomunitario, di colore. Una famiglia e una società che nelle parole rispettano tutti, ma nei fatti insegnano l’intolleranza, l’odio, l’incomprensione, la mancanza di empatia: la più grande “peculiarità” del bullo riportata da tutti gli autori e gli studi sul bullismo. Sensibilizzare vorrebbe dire cambiare la società, la famiglia, il bullo dalla tenera età. Ma si può insegnare al bullo, ma non con la sensibilizzazione, che le persone vanno rispettate, senza sé e senza ma. Punto.

E concludiamo dicendo che il bullismo non ha bisogno di leggi, ha bisogno di formazione.

 

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