Ospedali Specializzati Palatoschisi: Odissea

Ospedali specializzati palatoschisi
Odissea

Ospedali palatoschisi

Ospedali Palatoschisi\\\\\

 

Ospedali sepcializzati palatoschisi

Nostra figlia è nata con schisi del palato molle.

E qui vi raccontiamo la nostra odissea per trovare dove operarla.

Per operarla siamo passati per varie strutture. La prima è stata l’Ospedale Bambino Gesù, ma la dottoressa che visitò nostra figlia ritenne che 3 secondi di visita (non è un paradosso, esattamente tre secondi con l’abbassa lingua) fossero necessari per comunicarci direttamente la data dell’intervento. Ma la cosa più grave fu che non era molto disponibile a rispondere alle domande di due genitori ansiosi, che desideravano sapere come comportarsi fino all’intervento, durante l’intervento e il post intervento.

Siamo scappati a gambe levate.

Siamo approdati poi al Centro di riferimento campano della Palatoschisi. Ci hanno seguiti fino al decimo mese. Ci dissero tutte le problematiche a cui andavamo incontro. Ci illustrarono tutte le difficoltà, del tipo che dopo l’intervento per 15 gg la bambina non poteva piangere, non poteva prendere un raffreddore, che il suo stato di salute doveva essere perfetto. Non poteva prendere il biberon ma mangiare con il cucchiaio e cosa più difficile per noi: non poteva utilizzare il ciuccio. Decidemmo, mio marito ed io (io sono insegnante e neuropsicomotricista e mio marito musicoterapista ed educatore comportamentale) di incominciare a toglierle il ciuccio, poiché nostra figlia, da quando è nata, ha imparato a non tenere il ciuccio di giorno, ma le era indispensabile per dormire. Lo sputava dopo un po’, ma non si addormentava nemmeno dopo ore senza il ciuccio. Ma il chirurgo criticò questa proposta dicendo che avremmo stressato inutilmente la bambina, tanto dopo l’intervento sarebbe stata lei a non volere il ciuccio.

L’intervento si sarebbe dovuto svolgere all’ottavo mese, ma ad un certo punto non abbiamo più capito le intenzioni dell’equipe.

Primo problema: il peso.  La bambina doveva raggiungere gli otto kg quindi bisognava aspettare.

Le fecero fare un prelievo di sangue senza aver stabilito una data per l’intervento per vedere lo stato di salute della bambina. Ci rivolgemmo ad una clinica con nido, dove ci sono infermieri e pediatri specializzati in prelievi per neonati. Il primo tentativo andò abbastanza bene, la bambina non sapeva cosa le aspettava e si lasciò bucare. Quando sentì dolore incominciò a piangere ma si calmò subito. Non bastò un solo prelievo perché la lista degli esami era lunghissima. Vai con la seconda siringa. La bambina andò in escandescenza. Risultati perfetti dissero due pediatri. Per i due pediatri forse, ma non per l’anestesista del primo policlinico. E no… per lei il ferro era basso, troppo basso. Non si poteva operare la bambina con questo ferro. In realtà il valore era perfettamente in linea con i parametri pediatrici di riferimento.

Ci dissero che dovevamo somministrare ferro per un mese a nostra figlia altrimenti non si operava: condicio sine qua non. Contro il parere del pediatra le facemmo assumere ferro per un mese.

Dopo un mese ci hanno richiesto di nuovo gli esami del sangue, ancora una volta senza che fosse fissata la data dell’operazione. Il pediatra della mutua che ci doveva prescrivere l’impegnativa si arrabbiò e si rifiutò di prescrivere gli esami. Disse che i valori erano perfetti e non giustificavano, dopo un mese, la ripetizione degli stessi esami. Dopo nostra insistenza ci prescrisse solo tre esami tra cui il ferro, in effetti gli esami che al policlinico ritenevano non buoni e ci disse che per successivi prescrizioni pretendeva una dichiarazione dell’ospedale con motivazioni valide. Ci  rivolemmo alla stessa clinica della volta precedente. Riprovammo ma questa volta risultò impossibile. Non appena la nostra bambina vide il fasciatoio dell’infermeria incominciò ad urlare come se la stessero torturando. Per tre volte riuscirono a prenderle la vena e per tre volte l’ago fuoriuscì perché si dimenava come un cavallo imbizzarrito. Al terzo tentativo a vuoto il pediatra si rifiutò di torturare ulteriormente la bambina.

Ci recammo al Policlinico, parlammo con il chirurgo della difficoltà di praticare il prelievo e ci fece parlare con l’anestesista che vedendo gli esami precedenti scosse più volte la testa dicendo che i valori del ferro erano preoccupanti, ed insieme ci chiesero se in famiglia avevamo casi di talassemia (anemia mediterranea) perché con quei valori loro sospettavano che la bambina ne poteva essere affetta. Facemmo presente che né io né mio marito siamo portatori sani, ma ci dissero che non significava nulla. (????). All’equipe è sfuggito che io e mio marito siamo terapisti e queste sono le nozioni che si studiano i primi anni di università. Boh.

Dopo aver spiegato la difficoltà dei prelievi alla bambina l’anestesista si fece avanti e ci disse che avrebbe fatto lei il prelievo, mettendole la crema anestetica e bla bla bla. Ci diede appuntamento alle 8.30 di mattina. Per arrivare nel centro di Napoli bisogna anticiparsi. E alle 8.00 eravamo già lì, ma nessuno sapeva del nostro appuntamento. Provarono a contattare l’anestesista ma non riuscirono a rintracciarla. Alle 9.00 le infermiere si impietosirono davanti una bambina di otto mesi a digiuno e provarono a tirarle il sangue, per l’ennesima volta, senza riuscire. Nostra figlia fece la pazza, si mosse con una forza infernale e le infermiere desistettero. Ore 9.30. nessuna notizia. Ore 10.00 chiamammo il chirurgo. Forse l’anestesista si era dimenticata dell’appuntamento?  Spiegammo che la bambina era a digiuno e che se incominciava a piangere sarebbe stato ancora più difficile prelevarle in sangue. Il chirurgo ci disse cheavrebbe provato a chiamare lui l’anestesista.

Ore 10.30 il chirurgo richiamò. Per scusarsi del ritardo, direte voi? Che ci è stato un imprevisto? Nooooo. Chiamò per dire che l’anestesista aveva fatto la notte e che sarebbe venuta solo per fare un piacere a noi, e che dovevamo ringraziarla invece di disturbare. Sì, perché il chirurgo si era infastidito della nostra chiamata, inoltre le infermiere gli avevano riferito che mio marito aveva avuto da ridire sul ritardo dell’anestesista. Ci disse che non dovevamo permetterci di disturbarlo perché lui era a casa. Che non dovevamo protestare con le infermiere per il piccolo ritardo dell’anestesista (2 ore e 15 minuti quando finalmente arrivò). Che non era una catastrofe se nostra figlia mangiava con 2 ore di ritardo (4 in realtà visto che la sua poppata la fa tra le 6.30 e le 7.00), che nostra figlia non era l’unica bambina dell’ospedale (cioè è un semplice numero?). Per poi finire con una sfilza di autoelogi.

Non era più semplice dire: signora scusate ma ha avuto un contrattempo sta arrivando?

Quello che segue è da manuale della deontologia medica:

Ore 10.45 arriva l’anestesista. Nel frattempo la bambina esausta si era addormentata. L’anestesista non salutò noi genitori e non ci degnò di uno sguardo. Aveva l’espressione di chi aveva subito un torto gravissimo. Senza chiedere il permesso a noi genitori,  prese la bambina dal passeggino in maniera brusca. La bambina si svegliò e, naturalmente, incominciò a piangere ancor prima di entrare nella stanzetta. Mio marito mi guardò e disse: entra tu, se entro io la uccido.

Entrammo e la dottoressa prese l’ago (siamo in 4 a mantenere mia figlia) e andò per infilare nello stesso posto dove  avevano già provato le infermiere. Glielo feci presente ma mi zittì dicendo: devo fare io.
Naturalmente fallì. Mia figlia urlò come una disperata, l’operazione fallita durò 15 minuti. Ritentò sul polso, la bambina  esausta  quasi svenne. Si riescì a prendere la vena. Domanda: qualcuno ha visto quella famosa cremina anestetica? La dottoressa uscì  senza salutare. Quando uscii dalla stanza con la bambina, mio marito aveva gli occhi lucidi e lo sguardo sconvolto.

Tornammo a casa increduli, disillusi, demoralizzati e incavolati. Ritornammo dal pediatra e gli chiedemmo se era davvero possibile che da quegli esami si evinceva la talassemia. Ci guardò increduli e ci disse che chi affermava questo non sapeva leggere gli esami del sangue.

A chi dovevamo dar retta?

Nel frattempo il chirurgo ci chiamò  dicendoci che i valori adesso erano buoni e che fissava l’operazione dopo una settimana.  Non sapevamo cosa fare. Eravamo spaventati, operata da quel chirurgo? Ma soprattutto da quell’anestesista? Non sapevamo cosa fare.

Mio marito si sedette al PC ed incominciò a prendere tutti i riferimenti di ospedali italiani che trattano la Labiopalatoschisi. Trovò i riferimenti del Galliera di Genova, del Policlinico di Pisa e dell’ospedale di Alessandria. Chiamai il Galliera e, un chirurgo gentilissimo, mi disse che lì al Galliera il protocollo non prevedeva nella maniera più assoluta di sottoporre i bambini a tanti esami del sangue, inoltre il ferro era un valore che per questa operazione non era decisivo. Ma lì i bambini vengono operati dopo il primo anno di età e dopo fanno obbligatoriamente logopedia. Poi contattammo Pisa e anche qui un dottore gentilissimo ci spiegò tutto. Mi disse che anche loro non sottopongono i bambini a tutti questi esami e il loro protocollo prevede l’intervento a sei mesi, e a dieci mesi nostra figlia era già in ritardo. Ci diede la disponibilità per operare nostra figlia a metà luglio e decidemmo di andare a Pisa. Ma per fortuna sono accaduti altri eventi, perché questo chirurgo di Pisa è poi sparito nell’oblio. Non si è fatto più vivo e non ha risposto alle nostre e-mail. E questo vuol dire che a quest’ora, forse, nostra figlia non sarebbe stata ancora operata.

Il destino ha voluto che una sera abbiamo ricevuto la mail di risposta di un chirurgo di Alessandria. Diceva che se volevamo potevamo chiamarlo la mattina successiva. Sono sincera, dissi che non era il caso, ormai avevamo deciso per Pisa, a che pro chiamare anche questo dottore? Mi avrebbe confuso ancora di più le idee. Mio marito mi convinse a chiamare e… dopo una settimana esatta nostra figlia è stata operata presso l’Ospedale Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria dal Dott. Francesco Vaccarella e siamo immensamente felici e convinti della scelta che abbiamo fatto. Naturalmente anche qui ci dissero che il ferro non serviva, che non utilizzano un protocollo così invasivo per una bambina di 10 mesi.

Ancora una volta i medici e gli ospedali del sud dimostrano la loro arroganza, la loro presunzione e soprattutto la mancanza totale di considerazione per il paziente, in favore di velleirà di onnipotenza.

Dulcis in fundo mio marito, ad operazione avvenuta, andò dall’ematologo del Cardarelli di Napoli che segue suo padre da 5 anni e gli chiese la cortesia di valutare gli esami di nostra figlia. Insomma, volevamo toglierci l’ultimo dubbio sulla Talassemia… e scherzando mio marito gli disse le parole del pediatra sul fatto che chi da quegli esami sospettava la talassemia, non sapeva leggere gli esami… l’ematologo li guardò attentamente… ma non sorrise… aggrottò le ciglia, con la testa annuì tristemente e con voce quasi impercettibile disse: sì… non sanno leggere gli esami.

Caro Primo Policlinico di Napoli… un occasione persa… per l’ennesima volta, ma tanto a voi che importa?

Ospedali specializzati palatoschisi:

Ospedale Il bambino Gesù di Roma   
Il protocollo prevede l’intervento intorno al 6° mese
http://www.ospedalebambinogesu.it/Portale2008/Default.aspx?IdItem=287

Ospedale Cisanello di Pisa
Il protocollo prevede l’intervento intorno al 6° mese
http://www.ao-pisa.toscana.it/index.php?option=com_content&view=article&id=307%3Auo-chirurgia-plastica&catid=132&Itemid=73&showall=1

Ospedali Galliera Genova
Il protocollo prevede l’intervento dopo il primo anno di età
http://www.galliera.it/20/58/464/209/centro-labiopalatoschisi

Ospedale I Policlinico Napoli
L’intervento è previsto intorno all’ottavo mese, il bambino deve pesare almeno 8 kg.
http://www.labiopalatoschisi.unina2.it

Ospedale S.Antonio e Biagio e Cesare Arrigo Alessandria
Il protocollo prevede l’intervento intorno al 6° mese
http://www.ospedale.al.it/Struttura.aspx?IDE=1101

Ospedale San Bortolo Vicenza 
http://www.centrolabiopalatoschisi.it

Ospedale San Paolo di Milano 
http://www.ao-sanpaolo.it/curarsi/maxillo

Ospedale pediatrico Santobono Pausilipon Napoli
L’accesso all’Ambulatorio di Chirurgia Plastica Pediatrica coordinato dal dott. Marcello Zamparelli, avviene con impegnativa del Pediatra Curante e tramite prenotazione al CUP (Centro Unico di prenotazione) Aziendale, tel. 800 91 20 91 (gratuito da rete fissa) oppure 199 44 61 53 (da cellulare, al costo indicato dal gestore telefonico) dal lunedì al venerdì ore 8-18, il sabato ore 8-12. Alcune indicazioni sul nostro Centro sono sul sito web della Società Italiana di Labiopalatoschisi    http://www.silps.it/
oppure    http://www.amicidimagu.org/site/

Commenti (2)

Davvero pazzesco il percorso di questi genitori…. purtroppo quando ci si trova ad affrontare questa patologia ci si ritrova soli con informazioni carenti e spesso sbagliate. Spero tanto che il tutto sia risolto. Comunque il Dott.Gatti di Pisa non penso che sia caduto nell’oblìo, penso piuttosto che ci sia stato un problema di posta elettronica ed in questi casi penso sia meglio chiamare il reparto dell’ospedale piuttosto che aspettare all’infinito una risposta che non arriva. Comunque se il Dott.Vaccarella ha fatto un buon lavoro… tutto è bene ciò che finisce bene.

Nessuno ha fatto il nome del Prof. Gatti, e il nostro riferimento ci aveva lasciato anche il telefono al quale non ha risposto. Riguardo al reparto, l’abbiamo fatto, ma era fuori Italia.

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